lunedì 24 maggio 2010

Afghanistan: quale missione?

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Altri due caduti italiani: ha un senso questo sacrificio?




taliban Afghanistan: quale missione?Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre del 2001 e il rifiuto del regime talebano di smantellare la rete di Al-Qaeda basata in territorio afghano e di consegnarne i capi, le forze americane alla guida di una coalizione internazionale spazzarono via il governo fondamentalista e si insediarono nel paese allo scopo di stabilirvi un nuovo governo democraticamente eletto e capace di escludere un ritorno di forze filo-terroristiche.  Da allora sono passati quasi 10 anni, e l’ennesimo tributo di sangue pagato dai nostri soldati spinge in tanti a chiedersi se questa missione – di pace o di guerra secondo i punti di vista – abbia un senso.  Per rispondere a questa domanda, forse è bene soffermarsi a riflettere su alcuni aspetti che allarghino la visuale oltre il mero confronto tra forze militari internazionali e guerriglia talebana, per capire cosa ha significato, e cosa significa, la storia di questi ultimi anni per il popolo afghano.  Le elezioni. Brogli o non brogli, il momento elettorale rappresenta sempre un indicatore importante della vita democratica di un paese e della volontà del suo popolo di cambiare e di partecipare alla vita politica. Nelle elezioni dell’agosto 2009, su circa 15 milioni di cittadini legittimati al voto, il 38 % è andato alle urne e quattro votanti su dieci erano donne. Non sono risultati esaltanti, specialmente confrontati con quelli del 2004 quando votarono circa 8 milioni di persone su 11 milioni di aventi diritto. Sul calo hanno inciso, però, le attività terroristiche dei talebani, ben decisi a impedire e ostacolare il voto. Nella sola giornata delle votazioni, il 20 agosto 2009, si sono contati circa 300 attentati, il numero più alto degli ultimi 15 anni. Tutti questi dati evidenziano che la un gran parte della popolazione afghana, probabilmente la maggor parte, vuole la democrazia, o quanto meno vorrebbe poter scegliere i propri leader, senza il rischio di saltare per aria in un attentato suicida. La partecipazione delle donne alla vita politica è in costante aumento, e questo è un altro evidente segnale della sete di libertà e di emancipazione che serpeggia nel popolo afghano.


LE DONNE E L’ISTRUZIONE - Sotto il regime talebano alle donne era negato qualsiasi diritto, per legge o di fatto. Il diritto di partecipare alla vita sociale, il diritto alla salute, il diritto all’istruzione. Secondo dati UNICEF ripresi da organi di stampa oltre sei milioni di bambini oggi vanno a scuola, un numero sei volte maggiore rispetto al periodo talebano. Un terzo degli alunni sono donne, mentre con i talebani le donne erano appena il 3% del totale. Oggi in Afghanistan il 53 % dei bambini tra i 7 e 12 anni riceve un’istruzione scolastica. Non è una cifra da capogiro, ma senz’altro è tanto di più rispetto alla Somalia, dove 9 bambini su 10 non ricevono alcuna istruzione.
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ECONOMIA E INFRASTRUTTURE - Gli Stati Unitihanno finanziato e assegnato contratti per la costruzione o la ristrutturazione di centinaia di scuole, ospedali ed edifici pubblici. Solo un quinto dei progetti sono stati portati a termine, sia per le condizioni di insicurezza di varie province sia per l’incapacità delle autorità locali di gestire correttamente il denaro ricevuto. Tuttavia i programmi procedono. Oltre l’80% della popolazione dispone oggi di assistenza sanitaria, contro il 15% del 2003. Sono state costruite 2350 km di strade. Il reddito medio pro-capite è passato nel giro di pochi anni da 85 dollari e 350 dollari.


SICUREZZA - L’obiettivo di trasferire la sicurezza e il controllo del territorio alle forze locali, condizione indispensabile per ritirare i contingenti militari internazionali, costituisce una sfida difficile e complessa, ma la strada è ben tracciata. Entro il 2011 l’Afghanistan potrà contare su 134.000 uomini delle forze di sicurezza e su 97.000 poliziotti, tutti addestrati dal personale delle missioni internazionali.  Il senso. Non è una missione inutile. Gli uomini e le donne dei contingenti internazionali in Afghanistan stanno cercando di consegnare a quel popolo un paese in cui sia possibile vivere dignitosamente, libero dalle logiche fondamentaliste talebane e più sicuro per tutti, anche per noi. I nostri militari sono lì per dare il contributo italiano al raggiungimento di questo obiettivo. Abbandonare l’Afghanistan significa lasciar precipitare nuovamente milioni di bambini, donne e uomini nell’incubo in cui hanno vissuto per decenni. Il senso della nostra presenza oggi è questo, qualunque sia il fine politico con cui la nostra missione fu concepita e iniziata.


FONTE:
http://stopthecensure.blogspot.com/2010/05/afghanistan-quale-missione.html

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