lunedì 6 dicembre 2010

Verità e Giustizia per Niki Aprile Gatti: l’arte della disinformazione

Ascolta il post Listen to this Page. Powered by Tingwo.co
Verità e Giustizia per Niki Aprile Gatti: l'arte della disinformazione Questa è un'altra pagina dura che alle persone dotate di senso civico e senza condizionamenti politici dovrebbe far accapponare la pelle. Io Niki Aprile Gatti lo conoscevo. Poi come molte volte accade quando ognuno prende la propria strada, ci si perde di vista. Avrei preferito non rincontrarlo più dopo tanti anni, si perché l'ho ritrovato quando ormai era già morto. Ucciso in quel carcere di Sollicciano che al solo rievocarlo provoca rabbia e tanto sconforto.
Quella maledetta estate del 2008 per caso su internet lessi una breve notizia Ansa nella quale diceva che un uomo, imprenditore di una società informatica e originario di Avezzano, si era ucciso nel carcere di Sollicciano. Tutto immaginai ma non che si riferisse ad un ragazzo di 26 anni e soprattutto a Niki. Come potevo immaginarlo se d'altronde l'avevo perso di vista per molti anni? Ma poi Niki era un uomo, certamente, ma a 26 anni si è comunque un ragazzo.
Ma quella era una notizia ANSA, non potevo mica pretendere che fosse dettagliata. Allora ecco che trovai un articolo di Repubblica, comparso il 25 giugno, esattamente il giorno dopo la morte.
Un articolo di Repubblica, non di Libero, Il Giornale o altri considerati gli unici che si pensa adoperino la macchina del fango.

Un articolo che dava per scontato che fosse un suicidio, senza formula dubitativa e senza aspettare l'inchiesta interna che è di routine per le morti in carcere. Così iniziò dopo nemmeno un giorno dalla sua morte, l'arte della disinformazione.


Niki Aprile Gatti secondo questa giornalista era sposato, aveva un impresa, si è ucciso perché non è riuscito a reggere il carcere dopo tre giorni; ma la cosa squallida era che spiegava pure come si sarebbe impiccato. Dopo aver usufruito l'ora d'aria, sarebbe rientrato in cella e dietro la porta del bagno avrebbe ricavato strisce di stoffa da suoi jeans e quindi impiccatosi con quelle.

Tutte falsità.

Nki non era sposato innanzitutto, non era proprietario di nessuna impresa ma era un dipendente, non aveva usufruito dell'ora d'aria perché si sarebbe scoperto poi che era in pigiama, non c'è orario che corrisponda alla realtà anche perché i soccorsi non intervennero prontamente e c'è almeno più di un ora di buco. Ma soprattutto come dimostra la foto qui sotto, Niki non aveva utilizzato le strisce di Jeans:
Addirittura anche nell'autopsia il medico afferma che lo strangolamento poteva essere dovuto da una stoffa ruvida, molto probabilmente strisce di Jeans. Falso, tutto falso.

Dopo si dirà che Niki avrebbe utilizzato il laccio di una sola scarpa da tennis. Nella foto sottostante potrete notare che un laccio è perfettamente intrecciato nella scarpa, mentre nell'altra non c'è.


Niki che pesa più di 90 kg e altro un metro e ottanta si sarebbe impiccato con questo solo laccio:

L'arte della disinformazione non è finita. Il garante dei detenuti Franco Corleone, sempre nell'articolo, disse:
"...forse si è scoraggiato pensando a una lunga detenzione, so che aveva cambiato avvocato, altro segnale di inquietudine. Ho parlato col direttore di Sollicciano e con gli agenti, erano affranti, da tempo non si registravano suicidi nell'istituto fiorentino. Mi hanno spiegato anche che i soccorsi sono stati rapidi"
Non capisco come un garante dei detenuti possa fare queste falsi affermazioni senza prima documentarsi per avere più chiarezza. Non è stato Niki a desiderare di cambiare l'avvocato, ma invece gli fu ordinato. Mentre era nella cella chiamata eufemisticamente di "transito" (isolamento), ricevette un telegramma. Attenzione, tutti sanno che in isolamento è vietato comunicare con l'esterno e ricevere qualunque tipo di raccomandate. Ecco qui sotto il famoso telegramma. Guardate chi sarebbe il mittente e notate l'ordine perentorio del DEVI ORDINARE. Notate bene che i famigliari di Niki non erano stati avvertiti da nessuno che c'era la volontà di "qualcun'altro" di voler far cambiare l'avvocato a Niki.

Quando si parla della macchina del fango bisogna essere obiettivi, liberarsi da ogni dogma di partito, di schieramento, ogni tipo di convinzione, insomma bisogna uscire fuori dal gregge.

La storia di Niki fa intravedere che fin dall'inizio c'è stata la volontà di insabbiare, di far finire tutto il giorno della sua morte. C'è l'Inchiesta Premium, quella che ha portato all'arresto di Niki (l'unico tra gli arrestati che ha espresso la volontà di parlare con i giudici perché voleva chiarire la sua posizione per poi uscire dal carcere), che si è persa nel porto delle nebbie.

Ho i miei dubbi che sia ancora in corso o che abbiano rinviati tutti a giudizio. Un esempio? Un certo Carlo Contini, indagato nell'Inchiesta Premium, recentemente è stato arrestato per un'altra inchiesta di Perugia. Già in contemporanea della Premium era stato rinviato a giudizio assieme ai fratelli Cimieri per aver avuto contatti con la banda di Menzo.

Ebbene quest'anno ancora una volta viene arrestato proprio per aver fatto parte di questa banda che aveva come covo il locale notturno Kristal, il cui proprietario era proprio il boss Salvatore Menzo, mandante di un omicidio. Veniva chiamato il "covo dei colletti bianchi".

Domanda, ma se Contini era indagato nell'Inchiesta Premium, come mai tranquillamente faceva ancora affari poco chiari fino a poco tempo fa?

0 commenti:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...