domenica 30 gennaio 2011

G8, così la cricca depredava La Maddalena

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Sotto il cielo dell'arcipelago si fa più chiaro il sistema ideato dalla premiata ditta Balducci and Company. In vista del G8, funzionari pubblici e costruttori avevano messo su un metodo che consentiva di lucrare a piene mani sugli appalti. Da queste parti e non solo qui

L’area del Main Conference nell’ex arsenale
L’area del Main Conference nell’ex arsenaleLA MADDALENA. Adesso i documenti a carico dell'organizzazione (i pm di Perugia parlano di «sodalizio», i magistrati fiorentini l'avevano ribattezzata «cricca») emergono in tutto il loro peso probatorio: sessanta faldoni di accuse. Con un focus sui reati che sarebbero stati compiuti alla Maddalena.


Il filone giudiziario tornato al centro dell'interesse è quello trasferito nel capoluogo umbro dopo il coinvolgimento nell'affaire di un magistrato della capitale, Achille Toro. Due giorni fa la Procura di Perugia ha notificato avvisi di conclusione dell'inchiesta a 22 indagati. Tra loro, l'ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso, l'imprenditore romano Diego Anemone, l'ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci, i funzionari Mauro Della Giovampaola e Fabio De Santis. 


Tutti di casa nell'arcipelago sardo durante i lavori svolti nel 2008-2009 in previsione del summit tra i Grandi, poi spostato all'Aquila. E qualcuno, come Della Giovampaola, di casa nel senso letterale: i sostituti Alessia Tavarnesi e Sergio Sottani gli contestano, fra l'altro, «la fruizione di un immobile e di personale di servizio nell'isola della Maddalena».

Riferimento che dovrebbe portare alla villa di proprietà dell'ex campione di volley Andrea Lucchetta, nel Villaggio Piras, di fronte a Caprera, da lui data in affitto attraverso immobiliaristi a una società impegnata nella Missione G8.


Quali, allora, i nuovi elementi scaturiti da questa tranche d'indagini? Eccoli. Intanto, nero su bianco vengono inseriti nelle carte particolari inediti che rafforzano le tesi dell'accusa: come i dettagli emersi dall'analisi dei conti correnti bancari di alcuni indagati, un fiume di soldi in Italia e all'estero. Dagli ultimi mesi di controlli e accertamenti, poi, sono venuti alla luce altri documenti compromettenti, passati al setaccio con verifiche e riscontri sugli intrecci tra gli accusati. Dall'insieme dei controlli si conferma infine «la comunanza d'interessi economici» che legava i protagonisti del giro di affari e di appalti.


Insomma, il cuore dell'inchiesta è costituito dalle «società di fatto» su cui poteva contare la cricca della Ferratella. Con tracce d'ingenti movimenti di denaro. Un'indagine complessa, questa, condotta dal nucleo di polizia tributaria della Finanza e dai carabinieri del Ros. Con un'attività che in queste settimane ha fatto arricchire di una ventina di altri fascicoli il già corposo dossier. I reati ipotizzati vanno dalla corruzione all'associazione a delinquere. Dopo avere esaminato tutti i documenti, i legali e i loro clienti potranno chiedere, entro 20 giorni, di essere interrogati o di poter produrre memorie difensive. Alla fine i pm - che a Perugia agiscono sotto il coordinamento del procuratore della Repubblica nuorese Giacomo Fumu e dell'«aggiunto» Federico Centrone - formalizzeranno le loro richieste al gip.

Resta per ora ferma, invece, la parte d'inchiesta sui Grandi eventi che vede coinvolti il cardinale Crescenzio Sepe e l'ex big della politica Pietro Lunardi. In questo caso, i magistrati di Perugia attendono che la Camera esamini la richiesta di autorizzazione a procedere per l'ex ministro. Ci sono quindi da definire altri tronconi, quelli sull'acquisto di case per l'ex componente di un altro esecutivo di governo, Claudio Scajola, per il generale della Finanza passato ai servizi segreti Francesco Pittorru (65 anni, originario di Calangianus, residente a Roma) e per lo stesso Balducci. Procedimenti che devono essere meglio definiti. Non è escluso che al riguardo i sostituti valutino la possibilità di stralciare alcuni episodi inviandoli alla Procura di Roma o sollecitino l'archiviazione.

Ma è interessante, tornando al centro dell'inchiesta, capire come e quanto gli indagati avrebbero lucrato in proprio alle spalle dei maddalenini e dei sardi. Non si deve dimenticare infatti che i fondi per consentire lo sbarco dei Grandi nell'arcipelago - quasi 350 milioni - sono arrivati da Stato e Regione. E neppure scordare che - dopo l'addio degli americani seguito alla chiusura della base Us-Navy per i sommergibili nucleari e la dismissione di vasti complessi da parte della Marina italiana - nelle isole care a Garibaldi si puntava tutto sulla riconversione turistica. Un progetto che lo scandalo Formato G8 ha fortemente compromesso e condizionato.



Ecco, sotto questo profilo, qualcuno degli elementi d'accusa contenuto nelle 23 pagine di avviso conclusione indagini. Aspetti che aiutano a comprendere meglio. Come, per esempio, le vicende che ruotano attorno a Fabio De Santis. «Il pubblico funzionario» è chiamato in causa dai magistrati «quale soggetto attuatore, dal 13.6.2008 al 10.10.2008, del Grande evento relativo alla presidenza italiana del G8 da tenersi alla Maddalena». A lui come a Balducci si contestano traffici a beneficio di Anemome e a svantaggio delle casse statali.

Soprattutto per gli appalti del 4º, 5º e 6º lotto: interventi «infrastrutturali e complementari» riguardanti nell'ex arsenale militare il palazzo delle conferenze, la zona da destinare ai delegati del G8, le residenze per gli ospiti, i centri per i giornalisti e per gli altri servizi.

In cambio delle corsie preferenziali accordate al costruttore, De Santis avrebbe ottenuto parecchi vantaggi: affidamento di subappalti a favore di un fratello, forniture di mobili e cellulari, persino prestazioni sessuali da squillo d'alto bordo (a Roma e a Venezia). Quadro accusatorio simile a quello riscontrato dai pm nel caso di Bertolaso (per il quale già dall'altro ieri si parlava di «sesso, contanti e altri favori»).

E in sintonia con i rilievi mossi a un altro deus ex machina delle operazioni maddalenine, l'aitante e dinamicissimo Della Giovampaola, 44 anni, anche lui romano: formalmente, prima consulente esterno nella gestione dei Grandi eventi e poi responsabile della Struttura di missione nell'arcipelago. A fronte del suo impegno per far aggiudicare gli appalti al solito Anemone, i magistrati elencano minuziosamente, oltre alla villa in uso gratuito, i ricavi conseguiti. Primo: incontri con prostitute pagati da uomini del costruttore. Secondo: utilizzo di tre Bmw (modelli X5, 535 e serie 3 Station). Terzo: «forniture di mobili per la sua casa». Quarto: «viaggi a bordo di aeromobili privati».

Insomma, spaccati di vita da cui i magistrati si sono fatti un'idea precisa: mentre alla Maddalena tanti si davano da fare per il rilancio economico, gli imprenditori e i pubblici funzionari sotto accusa pensavano ad altri affari, i loro.



fonte : http://lanuovasardegna.gelocal.it/

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